lunedì 25 giugno 2012

ASPO Vienna 2012

Dal 30 maggio al primo di giugno si è tenuto a Vienna il decimo congresso ASPO internazionale.

Dal punto di vista organizzativo è stato sicuramente un successo, salvo la scelta di avere sessioni parallele che hanno obbligato i partecipanti a rinunciare ad alcune presentazioni; i singoli contributi hanno coperto buona parte dei problemi legati al picco, dalle prospettive di estrazione degli idrocarburi nel breve-medio termine alle energie rinnovabili (sviluppo e integrazione nelle reti esistenti) passando per gli aspetti climatici ed economici. Escludendo un paio di presentazioni terribilmente accademiche penso che il pubblico di simpatizzanti abbia potuto apprezzare la maggior parte degli interventi.

Questo è il breve sunto della prima panel discussion, senza dubbio una delle più interessanti, presenti Aleklett, Meadows, Gilbert e Nakicenovic: la tendenza per i prossimi anni è già delineata, e quindi è opportuno iniziare ad agire subito per ammorbidire la discesa (Meadows); i dettagli sulle reali riserve di petrolio possono fare una grande differenza nell'immediato futuro, ancora di più se si considerano i legami con l'economia e gli effetti di una maggiore volatilità dei prezzi (Gilbert); non va trascurato il fattore tecnologico come mezzo per raschiare meglio il fondo del barile e i miglioramenti nell'efficienza (Nakicenovic). L'affermazione più pesante è venuta sicuramente da Meadows, secondo il quale ASPO in futuro non giocherà alcun ruolo sul dipanarsi degli eventi nel tratto rosso della curva; addirittura l'ha definita - scherzosamente - un possibile circolo per pensionati in grado di tenere conferenze su argomenti scomodi dopo aver passato una vita nell'industria. Il succo della discussione - e in fondo dell'intero congresso - è che il messaggio ha raggiunto molte persone, il picco non è più un problema per soli specialisti, ma...

Il club di Roma, come ha ricordato Meadows, aveva previsto il sorgere di problemi già dagli anni '70, e quando la gente ha iniziato a riconoscere che c'era del vero in quelle previsioni e si è spinta a chiedere quali potessero essere le soluzioni, non ha avuto risposta. In un certo senso per ASPO si sta ripetendo la stessa cosa, ma credo ci sia qualcosa di più importante su cui riflettere.

Se la missione dell'associazione consiste nel produrre articoli peer-reviewed con astrusi modelli di depletion basati unicamente sula geologia - un'ipotesi che mi sembra il presidente Aleklett abbracci in pieno - temo che in pochi anni ASPO si potrà chiudere: ignorare l'effetto dei prezzi e della tecnologia poteva essere accettabile nella fase ascendente della curva, non ora. Chiaramente pensare di rappresentare anche solo a grandi tratti il sistema economico - che è fondamentalmente basato sull'abbondanza di combustibili liquidi ancora più che su quella di energia - complica enormemente le analisi, e forse rappresenta un obiettivo irraggiungibile; tuttavia durante il congresso è giunta ripetutamente l'idea che la produzione futura dipenderà fortemente dal prezzo del barile e da quanto volatile si mostrerà il mercato.

Reiner Kümmel - del quale avevo già il libro - non ha potuto rinunciare ad inserire un paio di equazioni differenziali nelle diapositive, ma a parte questo ha mostrato in modo convincente come la crescita economica non possa essere dovuta al progresso tecnologico (anche detto manna dal cielo da Solow) se si inserisce anche l'energia come variabile assieme al capitale e al lavoro. Sull'argomento è tornato poi in modo discorsivo - ma più efficace - Nate Hagens: un post è già pronto in pubblicazione. 

Riguardo alla transizione energetica in corso vale la pena segnalare che Pierre-René Bauquis (ASPO Francia) è stato l'unico speaker a sostenere fortemente l'uso del nucleare - trattando molto male l'eolico ma lasciando la speranza accesa per il fotovoltaico - e che si è verificato un interessante scambio di battute con Yives Cochet, europarlamentare, durante l'ultima panel discussion. Bauquis ha chiesto quali fossero i motivi per i quali Cochet è antinuclearista, e la risposta è stata che se le scoperte nel campo nucleare fossero esistite nel 1800 oggi non saremmo qui: l'Uomo non si è mai risparmiato durante le guerre, e la prossima che si verificherà ora che esiste l'opzione nucleare sarà sicuramente un disastro. In definitiva è una motivazione antropologica difficile da non condividere.

Ho trovato la maggior parte delle presentazioni legate alle rinnovabili estremamente ottimistiche, con proiezioni di crescita per i prossimi 10/20 anni rappresentate da curve fastidiosamente simili a quelle mostrate dagli economisti quando parlano di PIL; il pellet ad esempio ha avuto il suo momento di gloria durante la seconda giornata - ma la proPellets era anche uno sponsor del congresso - e a sentire Christian Rakos sembrerebbe che nel giro di pochi anni in Europa ci riscalderemo (e produrremo energia elettrica) solo grazie alla short rotation forestry.

Il prossimo anno il congresso si dovrebbe tenere ad Aberdeen; per me è un po' più distante di Vienna, ma cercherò ugualmente di non perdermelo.
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Altre impressioni sull'evento si trovano su TOD, da Phil Hart (parte 1 e parte 2) e Christian Kerschner, e sul blog di Luis de Sousa. Curiosamente, la prima sera a cena ero allo stesso tavolo con Christian e Luis.

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